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CALUSCA - TESTO DI FRANCESCO GURRIERI

 


CALUSCA NEL TERRITORIO DELL’INQUIETUDINE RINASCIMENTALE


Con Calusca siamo immediatamente nel vivo dell’arte europea e del faticoso esprimersi del linguaggio internazionale. Una complessità espressiva che consegue al continuo dissolvimento etico-sociale e alla difficile ricostruzione di un necessario scenario condiviso che caratterizza il nostro momento storico.
Anche il linguaggio dell’arte, infatti, è stato condizionato dalla mediatica sempre più selvaggia e spregiudicata che marca l’informazione. Così, è sempre più difficile preservare la ricerca artistica dalle incombenti contaminazioni di mercato  ( o di marketing) ; così, oggi, sembra più appropriato prendere atto dell’esistenza di un “sistema dell’arte”, che talvolta ha infettato non poca parte della critica e della letteratura artistica contemporanea. Accade allora che “l’opera non sia che un artefatto divenuto arte  tanto in quanto ha ricevuto lo statuto di possibilità di essere candidato alla valutazione di un’intuizione sociale detta mondo dell’arte “  ( George Dickie).
Questo richiamo preliminare per servire da pro memoria allo scenario generale entro cui si colloca il nostro Artista.

Ho conosciuto Calusca in un privilegiato incontro conviviale nella sua Acireale; con scrittori, poeti, editori e colleghi. D’istinto ho voluto visitare il suo studio, in una di quelle suggestive strade del centro che fanno unico quello spazio urbano. E l’impatto fu forte, l’istinto premiato: le tele, i disegni, gl’inchiostri di Calusca, erano opere evidentemente scaturite da una elaborazione intellettuale , mediate da una personalissima tensione creativa, tradotte da un inconfondibile e colto linguaggio espressivo, sapienti nella loro tecnica artistica realizzativa. Da qui il maturare di una stima e di una curiosità che, dopo alcuni inevitabili passaggi, ci ha condotto all’appuntamento fiorentino di oggi.
Ma Calusca ha già alle spalle una intensa attività espositiva ed una qualificatissima lettura critica, fra cui quella di Guido Giuffrè. Ed è appunto il Giuffrè che, per primo e in maniera determinante , ne ha dato una sapiente lettura :
“Questa di Calusca non è pittura piacevole, né consolante o pacificante o distensiva; se ne potrebbe anzi rimarcare la spietatezza e persino la crudeltà. Non si tratta qui di giudizio; se pensiamo al Rinascimento tedesco, ad esempio, o fiammingo, oppure a Goya, Bacon, Freud e a innumerevoli altri – sgradevoli sono altrettanto, o peggio. Ciò che conta è il vecchio inafferrabile ma irrinunciabile adagio della qualità della pittura e delle sue valenze di vita, di pensiero, il mondo dell’artista acese inoltre non si lascia decifrare facilmente. Linguisticamente il suo crudo realismo scavalca a piè pari il pittoricismo della prima e della seconda metà del Novecento; ha assimilato tanto dall’espressionismo e tanto dall’astrattismo, ma ne ha tratto moduli da impiegare in tutt’altri contesti”.
Ma cos’è sopraggiunto da allora, da quel 2004, e da quella presentazione di Giuffrè, intitolata non a caso, “Presenza dell’assenza” ? E’ accaduto che Luca Scandurra, in arte Calusca, ha ulteriormente lavorato, scavando nel suo credo d’artista, e scritto anche. Reflective  ( Il riflessivo ) è un testo a cui egli tiene molto :

“Così tra l’inchiostro vidi un bue , un nuotatore simopatico, un temporale atipico, un man/chair al di sopra di un abisso; uno spazio, una sedia, un’esistenza (forse la mia in una tazzina). Comunque è una vecchia storia le cui origini risalgono ad un viaggio, un salto-tuffo in un improvviso quanto inatteso baratro”.

In più passi di Reflective  sembra cogliersi una costante narrativo-figurativa che possiamo definire metamorfizzazione  delle cose; quei mutamenti di forma e di struttura che possono presiedere sia ad un autonomo processo trasformativo ( evolutivo / involutivo ), sia  un processo di adattamento all’ambiente o a una nuova funzione. Ma la metamorfosi era – e potrebbe continuare ad essere – anche, nella mitologia, la trasformazione soprannaturale di un essere in un altro di natura diversa :

“…supportando difficilmente il nuovo carico che gl’impediva spostamenti rapidi e repentini – si legge in un altro passo di Reflective  - si accorse che i suoi arti inferiori sparirono lasciando non un vuoto alla gravità del suo tronco ma piuttosto quattro zampe in puro legno”.

Calusca insiste sull’idea di simopatico, ove, forse, la patogenesi, il complesso delle modalità che origina la malattia (sociale) è ormai diffusa  e irreversibile. E da ciò si spiega l’insistenza tematica che trova nella tecnica delle particolari inchiostrature tanta materia figurativa per le sue opere. Ma quali artisti, quali referenti, Calusca poteva trovare alle radici del suo autonomo discorso, se non quelli che della metamorfosi    e della patogenesi sociale hanno fatto il loro campo espressivo ? Ecco che allora Bacon, Giacometti, Freud, si spiegano con ben altra valenza: che non è più  quella “citazionale” per le loro forme e piuttosto come precedenti di un comune percorso etico-artistico.
Infatti, se di Giacometti, Calusca assume la deformazione atemporale (metastorica, dell’Ombra della sera, per esempio), di Francis Bacon coglierà quell’espressionismo surrealista  della decadenza; di Lucian Freud l’impressione e la trasgressione; ma soprattutto  il pensiero, secondo cui “il pittore deve dare libero corso a tutti i sentimenti e a tutte le sensazioni che gli capita di provare e non rifiutare nulla da cui sia naturalmente attratto”; ed ancora : “Tutto è autobiografico e tutto è un ritratto”.
Giuffrè ha già detto della “drammaticità che (latente, sepolta, quasi volutamente celata) resta tratto primario e portante della poetica di Calusca”. Oggi possiamo aggiungere la fedeltà al suo linguaggio, implementata dai suoi “Inks” (inchiostri monocromatici), che danno conto di un processo decostruttivo e ricostruttivo insieme, ove è l’inquietudine e l’angoscia, ormai capisaldi del nostro tempo, che costituiscono la filigrana delle sue ultime opere. Ma c’è un aspetto circostanziale che caratterizza questo evento fiorentino : che la Sala dove Calusca espone le sue opere , pur a distanza di secoli, è dirimpettaia di quel Giardino di San Marco ove Lorenzo il Magnifico aveva creato le condizioni “umanistiche” della libertà creativa e del rinnovamento artistico : ove appunto la feconda insofferenza creativa di Michelangelo trovò le condizioni generative della sua grandezza.
C’è da esser certi che questo evento di San Marco a Firenze, con Calusca ospite della plurisecolare Accademia delle Arti del Disegno, segnerà un punto fermo del suo percorso artistico per i prossimi anni. Intanto, lo ringraziamo per aver voluto prospettare qui a Firenze le sue opere e, particolarmente, quelle legate a Reflective  , quale evento artistico omogeneo e di assoluta originalità.

Francesco Gurrieri

 

 
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