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SALVATORE FRATANTONIO - TESTO DI ANDREA GUASTELLA

 

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IL VOLTO RIVELATO


Qualora interrogassimo Salvatore Fratantonio sulle sue aspirazioni di artista, sull’effetto che intende suscitare nel suo pubblico, egli, probabilmente, ci risponderebbe: «Insegnare a guardare». Vedere, infatti, è da tutti, ma guardare implica una concentrazione solo su alcuni degli oggetti che i libri della natura e della cultura ci propongono. Da tale concentrazione, e dalla selezione che ne segue, possiamo ricavare informazioni interessanti sull’opera di Fratantonio. Sappiamo ad esempio di una preferenza accordata al paesaggio e, per converso, di una palese resistenza a disegnare il volto umano: resistenza che non può certo spiegarsi con carenza di mezzi tecnici né con motivi ideologici o religiosi; l’autore – e lo dico consapevole del carattere ipotetico dell’affermazione – rifugge coerentemente dal ritratto per tenersi a distanza da un materiale avvertito come troppo individuale, troppo umano. E del resto, sia che ci mostri due alberi avvinghiati, una banchina sul mare o una città rubata ai pensieri di Franz Kafka, cos’altro fa la sua pittura se non parlarci delle sue idee, delle sue emozioni, dei suoi trascorsi di vita? Non è forse il suo volto segnato dal tempo il fantasma nascosto dietro il brillio delle onde, i rami frondosi, le mille finestre spalancate di un palazzo? Tutti i dipinti di Fratantonio sono intrisi, letteralmente, di una memoria personale: memoria dei luoghi dell’infanzia, della Sicilia natale; memoria della Roma degli enormi, monumentali edifici di regime conosciuta negli anni del suo ingresso nel mondo dell’arte; memoria della Milano della maturità, con la sua luce anodina che sospende le messe nel vuoto profondo; memoria della lezione dei maestri (Sironi e Morandi, Scipione e Mafai) studiati con alacrità e pazienza, ma senza vassallaggi o imitazioni. Pittura, dunque, come avventura del ricordo e nel ricordo. Pittura che, in pochi tocchi di colore, tanto incisivi e netti da lasciare visibili i colpi del pennello, tramuta l’esperienza del paesaggio in acquisizione universale. Poche volte, di fronte a un quadro, si ha l’impressione di accedere all’intimità dell’uomo. Di fronte a questi paesaggi, tale impressione è così forte da donarci altri occhi, una diversa disposizione dello sguardo.  

Andrea Guastella

 

 

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