ALIDA PARDO - TESTO DI ANDREA GUASTELLA |
“La profondità bisogna nasconderla. Dove? Alla superficie”. Questa frase di Hofmannsthal basterebbe, da sola, a introdurre i disegni di Alida Pardo; schizzi veloci, tirati di getto e in economia assoluta, quasi a sfidare la facciata limpida del foglio. Disegni in cui l’ornamento, anziché distogliere rispetto alla meta sperata, si fa struttura e strumento di un viaggio attraverso lo sguardo, in quello spazio mentale dove le immagini, da semplici impulsi, diventano sogni, inquietudini, magia. C’è tutto un teatro di incertezze e passioni, di gioie e segrete ripulse in questi volti femminili intenti a fissare il suolo o chissà quali orizzonti, che a volte posano grandi occhi su di noi. E sono gli occhi di quel tipo di persona cui potremmo confidare ogni segreto, non importa quanto brutto, perché ci conosce e ci ama, nonostante tutto. Occhi che noi stessi abbiamo l’impressione di conoscere sin da quando siamo nati; gli occhi di nostra madre? Forse. O forse gli occhi della morte, della donna che ci attende oltre il bianco della soglia per rivelarci un universo di colore. Andrea Guastella
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