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SANTI GIUFFRIDA

 

VIA  BERENGARIO


La via mi salutò
col gesto del tuo nome:
 - lavanderia Gina  -
Poco più innanzi
la sorbetteria, una bottega
di varia mercanzia,
la scuola elementare
”Fratelli Bandiera”
e l’asilo infantile
delle pie
consorelle Clementine
che si stagliava a fronte
della via
col lustro biancore.
Stagnava inerte
uno scialbore ombroso
sui muri delle case
e del selciato,
ancora smunto di suoni,
il tempo e la memoria
mi trapuntavano
una vecchia storia
e tu, come di nebbia,
l’aria varcavi
e ti sfrangiavi informe
nel rado dello spazio
o Gina – aeriforme.

 


SABBIE DEL SALSO AGOSTO


Erano in quattro
puledre a ruminare
americhe di gomme
Ilarità.
Compassi delle anche
nel cavo delle rene.
Ciascuna a bisbigliare
sue galassie
che l’onda risucchiò
nel frizzo dei suoi fiotti.
Poi la rincorsa
che le staglie ondulava
a scampanio di festa
e a scaglie more
lo scialare in acqua
dorsale delle forme.


FUMA RICORDI


Quel riso.
Svettava a luci-faro
era l’approdo il verde
dell’ulivo.
Fuma ricordi il porto
il marinaio, in selve
di ralinghe. Che s’impigra.
Ora sa del destino
 - il macigno che schiaccia-
e fuma i suoi ricordi
a ciminiere
quasi fosse la fabbrica,
eppure
è soltanto il cantiere
di cavi e pulegge
nel cerebrale.


APPENA UN CIACK


Correntia si disvena
e aligero
albicare nelle fratte
inchiara le artemisie
e le amarilli.
Cappellaccia trasvola
tra rameggi strepenti
e le betulle. E il cielo
disbruna – versicolore-
e solivo trsmuta,
sì che tristizia rade
dal boschivo e nell’erbito
l’umidore lustro.


SI  PARLO’ LA VOCE


Il verde fiume ha ricolmato
i rami. – Un solo vuoto –
la foglia d’una estate.


PERGOLATO DI MIMESI


Mi s’apre dirimpetto davanzale
roggio di pergola
dal punto dell’avvisto.
E quel sanguigno
del novembre prisco, il verginale
avvampo mi ridesta
di eburnea giovinetta
che ti si china al vanto
peregrino, divenuta cinabro.
E si arroventa.


IO, L’ISOLA


Un recitare della luna
i versi.
Impìegano gli spazi
delle arene insulari.
Danze tesse la quiete
dei silenzi d’acqua
e il vuoto striscia
a retro della costa
simile a biscia
in fusti di liana.
Isola, vivi d’acquatto
tu. – Trota marina -.
Non fondali d’attracco;
e i gabbiani a sera
approdano al romanzo
della terra di lische
(oscuro e intonso)
ove i palmizi si torcono
ai venti. Come invasate
le menadi pazze.

 

INCHIOSTRO DI RUGGINE


Divelta dal tempo
e catturata
 - La gialla farfalla
 intra maglie di ragna -.
Rimani in questo foglio
e in questi versi
col ramato del crine
e l’ago a decollare
dalla tele su cui stavi
a tramare.
E ravviso la mano. Ove
l’occhio ripiana e si smeriglia
di un quieto lacrimare.

L’aria fiorava
e dall’inferriata, un riso
mi scortava di corallo
e luminava
il piombo della strada.

 

 
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