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ANDREA BONANNO: NEW YORK DI IGNAZIO APOLLONI

 


Recensione pubblicata su Mailart Service, anno XII, n. 54, ottobre 2005, distribuzione gratuita, pag. 3.

NEW YORK DI IGNAZIO APOLLONI: LA POETICA DEL CASUALE E LA RICERCA DEL PROPRIO DESTINO.Nello scenario di una città caotica, frenetica ed inesplicabile, lo scrittore segue gli atteggiamenti e il vivere di personaggi nevrotici e schizoidi con il sorriso ammiccante di chi li voglia maggiormente spiazzare ed immettere in un caos beffardo e, nel contempo, surreale. Il funambolismo della fantasia apolloniana combina in modo inventivo Rabelais con il mondo dell’assurdo Jarry per proporci delle figure fantasmagoriche che attraversano una condizione colta ai limiti dell’alienazione più pirotecnica e stralunata. La disgregazione del razionale e del senso viene filtrata e vissuta attraverso una lente bonariamente derisoria e incline allo sberleffo più ilare e divertito. Si dirà che Apolloni è un narratore che privilegia il piacere della scrittura inventiva sorretta da una accesa fantasia che si apre sovente a spazi visionari nell’intento di far prendere coscienza ai suoi personaggi del caos della realtà attraverso una lente caricaturale bonaria, seppure mista ad un humour fatto di un magma assurdo e labirintico e di una logica sofistica e cavillosa. Lo spazio del caos esistenziale con lui tocca il vertice di una inanità che si abbandona al sogno di fronte all’imprevedibilità e alla casualità. È un mondo grottesco di marionette evanescenti con le inerti velleità di chi lotta contro la vacuità di un mondo inestricabile e assurdo, con le sue gestualità bizzarre che si consumano in una desolante condizione di estrema solitudine. I personaggi sono essi stessi degli “eventi straordinari”,per dirla con il padre della patafisica, colti al culmine di gesti ineguali e banali per il disgregante vuoto che li circonda e per il loro solipsismo raggelante. L’assurdità della vita con Apolloni raggiunge così una rappresentazione monotona per la ritualità spasmodica dei soliti gesti ed atteggiamenti espressi di una quotidianità alienante, che spinge alla disponibilità di un’evasione nella regressione e riesumazione di sogni infantili, ad uno status dell’anima ormai perduto. L’autore con questo libro rimane un poeta dalla tenera sensibilità che miscela di continuo la malinconia di una grottesca società con una ilarità che vuole lenire ed esorcizzare le assurdità e il dolore casuale dell’esistenza. Le sue “soluzioni immaginarie” rivelano la disponibilità a cogliere l’angosciata realtà del presente dietro il filtro di una teatralità in apparenza solare, ma che si autoirride fino al sarcasmo più acre. In tal senso, una comune sincronicità per certi aspetti egli rivela nei confronti pure di Raymond Queneau per quel suo privilegiare i calembour, l’argot, i giochi di parole, le sostituzioni lessicali e quant’altro appartenga ad un gioco pirotecnico frenetico, volto al volere ridimensionare il grottesco delle maschere dei suoi personaggi in una realtà diventata una parata carnevalesca estrosa e stralunata. Apolloni è un acuto scrittore che rifiuta tutti i feticismi culturali che cercano di obnubilare la realtà vera delle cose. I suoi personaggi si barcamenano sullo sfondo di una New York che sembra bruciare improvvisamente in un baleno l’identità di tutti. A loro modo i suoi personaggi sono dei singolari filosofi alle prese con questioni insolite, bizzarre o secondarie, con una grande volontà di strappare le loro anime al limbo dell’indifferenza e della solitudine profonda della quotidianità. Lunatici ma rigorosi, si aggirano in gelidi uffici di cemento o nei meandri spaesanti della “Grande mela”, con le loro ossessioni abnormi e le loro propensioni a scandagliare aspetti banali e bizzarri della realtà. Lo scrittore antepone le analisi dei particolari ai massimi sistemi della cultura perché alla fine pensa che restino le sole emblematiche a scoprire l’essenza della realtà e della condizione umana. Preferisce l’umanità marginale dei reietti, degli emarginati e degli anonimi. Ed è proprio in questa analisi riguardante un’umanità senza volto e identità, che si accorge del terribile divario esistente tra il senso e la dissonanza, tra persone e cose, tra pensieri e sogni, tra la levità di un “pensare poetico” ed il terribile volto delle concretezze materiali. I suoi personaggi alla deriva, chiusi in una città-gabbia, intraprendono un duro percorso tendente alla ricerca della fondazione di un’autentica identità basata sull’immaginazione. Apolloni con questi racconti si rivela così un narratore dall’elevata intensità poetica nel seguire i suoi personaggi periferici, nell’entrare nella loro pelle e nei loro pensieri più intimi, nel seguire i loro sogni tenaci, i loro piccoli miti e le loro illusioni per emergere e liberare la loro anima dal magma del non-senso. Così le sue radiografie hanno il pregio di fare scoprire l’irrazionalità del mistero che è la vita, soprattutto quella colta nell’anonimia dei gesti estremi e di uno spaesante annichilimento. Alla fine i suoi personaggi sono dei viandanti disadattati ad una vita utilitaristica, ma che hanno sempre davanti ai loro occhi il filo poetico di una sentimentalità altamente toccante. Comunque, certo è che il suo periodare discorsivo ed il suo stile morbido e compatto, fanno ormai di questo narratore una voce singolare ed insostituibile nell’attuale panorama letterario italiano per l’instabile relazionarsi del dettaglio realistico all’ispirazione fiabesca di una visione che proietta gli afflati poetici delle idealità e sogni dei suoi personaggi sullo sfondo sociale di un ambiente monotono, alienante e sempre sfuggente. Infine, è proprio dell’Apolloni lo svelamento di una mappa esistenziale, segnata da slittamenti allucinanti che restano gli aspetti più raggelanti ed inquietanti della condizione dell’uomo attuale, senza alcun punto di riferimento, che però continua ad inseguire qualsivoglia barlume del sogno e di una visione poetica della vita, anche sulla via di una immaginazione visionaria e singolare.

Andrea Bonanno

 
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