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AMBRA CARTA SU IGNAZIO APOLLONI

 


I. Apolloni, Favolette, BESA, Lecce 2007, pp.165, prefazione di Michele Rak.
Presentato alla Biblioteca Comunale di Palermo il 9.3.2007.


                         L’incanto ricreato


    Autore prolifico e vario, Ignazio Apolloni, dopo Capellino e Favole per adulti, torna al genere favolistico con rinnovata vivacità-invenzione. Scrittore di romanzi – Gilberte, Marrakech – e di racconti – Dalla parte del mare, Racconti patafisici e pantagruelici, New York allucinogeni e merletti, Il golfino celeste a maglie larghe – con Favolette Apolloni si inoltra nel regno della fiaba, un genere letterario quantomeno sorprendente per la sua “estraneità” alla nostra epoca. Il genere favolistico, infatti, dalla tradizione esopica a quella moderna di Andersen o Perrault si contraddistingue per il protagonismo del genere animale, per la brevità e il finale apologetico e moralistico, per il carattere di genere chiuso con finalità etico-didascaliche. Dei caratteri formali, comunque, le favolette di Apolloni mantengono l’aspetto, solo che della finalità moralistica resta ben poco, se non quel tanto che ne rivela l’istanza al capovolgimento della prospettiva tradizionale e delle attese del lettore. Tanto per iniziare non solo animali abitano questi brevi raccontini; vi si trovano anche barche, orologi, pifferi, locomotive vecchiotte e fuori uso, simulacri di un’epoca tramontata, oggetti stranianti proprio per la loro de-funzionalizzazione. Inoltre il lieto fine non sempre è garantito; tanto che il lettore è lasciato privo di suggerimenti sul trarre una morale o un’indicazione di lettura.
    Come vuole la tradizione letteraria novecentesca, queste favolette propongono una prospettiva nuova con cui tornare a posare il nostro sguardo sulla Natura che da sempre abitiamo minacciandola però di estinzione. Sembra, infatti, che alberi e montagne, animali e cose si siano perfettamente assuefatti alla potenza distruttiva dell’uomo, a volte persino crudele, imitandone i comportamenti più deplorevoli come l’ipocrisia, la falsità, il pessimismo. Così, per esempio, il re della foresta, stanco dei rigidi orari e della routine della vita che conduce nel suo habitat, decide di trasferirsi in un’altra gabbia di matti (La gabbia dei matti, p. 19), cioè a dire il pianeta abitato dagli uomini: epperò ad attenderlo c’è una pallottola “vagante” che infine lo uccide.
La Natura, si sa, è stata così stravolta dall’uomo da non essere più il regno edenico dell’incanto, l’altrove dove trasferire sogni e desideri. Tuttavia molte di queste favolette presentano animali che cercano di sottrarsi alla schiavitù dei rituali loro assegnati, come ad esempio le note canne che si piegano al vento ma non si spezzano, i grilli canterini, il ghiro dormiglione, per diventare altro, oppure le foglie dell’ortica non più urticanti, i gusci d’uovo delle tartarughe già pienamente consapevoli del proprio destino, etc. Ogni parte del regno animale o vegetale trattata sembra perciò animata da una volontà di essere ancora utile al sistema di cui fa parte dimostrando, così, una piena coscienza del proprio ruolo e dell’autonomia dalla volontà umana dalla quale purtroppo ha subito perdite e modificazioni quasi irreversibili.
   L’attitudine a giocare con le parole, capovolgendone il senso o riducendolo al grado zero dunque è presente ancora una volta in questa ricca raccolta di favole, nella quale Apolloni si diverte a mostrare le molteplici possibilità di senso a partire dai luoghi comuni cui gli animali stessi desiderano sottrarsi. Ovunque diffusa è la chiara decisione di venir meno agli stereotipi e la volontà di guardare con rinnovato sguardo la realtà che ci circonda. Anzi, più che un rinnovamento, si tratta di una regressione al senso infantile delle parole che ritrovano così la loro autentica forza comunicativa. Il mondo dell’infanzia sembra all’autore l’unico capace di detenere una potenzialità di risignificazione del senso proprio della lingua e delle cose. È così che vediamo (p. 66) i pesci sottrarsi alla consuetudine di essere mangiati, ma altresì un ghiro (p. 93) costretto a bere una camomilla per cadere in letargo, o un ventaglio (p. 91) che continua a sventolare anche sotto la pioggia.
    Altre volte invece i motti e i modi di dire sono riconfermati garantendo la permanenza consolante di una “verità”. È come se il regno animale e vegetale fosse in rivolta: ed infatti una Montagna, invidiosa (p. 134) della vicina che ha una bella vista sul mare, provoca un forte terremoto; il Lentisco che si rifiuta di portare appeso il cartellino che ne indica l’identità per facilitarne la conoscenza, dà sfoggio di autodeterminazione. Ad ogni buon fine il mondo delle fiabe non sempre è messo da parte. Ed invero La fata e la farfalla (p. 68), L’elfo (p. 147), La mimosa (p. 78) parlano del mondo tuttora incantato dei bambini, per amore dei quali questi esseri fantastici confermano i ruoli consolatori di sempre.
    La favola, genere collaudato da secoli di tradizione letteraria, si presta al gioco metamorfico e al divertissement senza tuttavia mai rinunciare a una vis polemica contro il vissuto degli adulti nemici del gioco e dei capovolgimenti di ruoli. Solo il mondo dei fanciulli possiede ancora una forza di innocenza che ne rende “nuovo” e ingenuo lo sguardo; solo tornando fanciulli gli uomini potrebbero ancora rinnovare la condizione del pianeta. Come scrive lo stesso Apolloni in quella che può considerarsi una dichiarazione di poetica: “Io rifuggo dagli orchi, dall’arcano / [...] mai immettere demoni nelle favole perché terrorizzano / piuttosto privilegiare le avventure... / nei miei componimenti mancano apologhi / ... / il sonno dei bambini non dev’essere turbato dagli incubi / ... / un giocoliere invece che un mago non guasterebbe ogni tanto”.
È proprio questo il suggerimento poetico che questo scrittore fornisce: sostituire la magia delle favole antiche con la funambolia dei giocolieri. Piegando, torcendo i sensi comuni e svuotando le parole abusate del linguaggio corrente, egli torna a proporre una nuova magia in cui dal gioco ludico dei singoli suoni possono scaturire altri nessi e altre fantasie, in ciò recuperando l’anima più profonda del genere favola. A cui purtuttavia un eccentrico del linguaggio come lui fa ricorso.
A completare l’operazione fantastica delle favolette, le illustrazioni di Roberto Zito aggiungono una componente indispensabile alla ricchezza di figurazioni immaginarie. Ispirate ai raccontini, le immagini composite di Zito, infatti, tracciano percorsi in cui grifoni alati, silhouette di bambini, cavalli e cavalieri, castelli e unicorni solleticano la fantasia del lettore e lo sfidano a disegnare fantastici percorsi narrativi. Le atmosfere sospese e sognanti – quelle illustrate e quelle narrate – si appellano, pertanto ed altresì, direttamente al cuore infantile e antico del lettore adulto, invitandolo a sognare un mondo senza gerarchie da trasformare con la magia delle parole.

Ambra Carta

Vedi in Books di IPPOCRENE

Ignazio Apolloni   Favolette

Besa Editore


 

 
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