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DALL'EROS AL TEMPO, AL TEMPO DI ERODIADE, di IGNAZIO APOLLONI

 

 

     “In un orologio senza lancette è impossibile leggere il tempo”: questo uno degli assiomi di Vira, ricorrente in varie parti dei suoi saggi, ed io aggiungo – alla luce di un suo grafico che avrebbe dovuto essere ulteriormente esplicativo del concetto – “Stessa cosa se nei quattro quadranti dell’orologio si dovesse leggere il numero 3 simbolo, della acquisita concettualmente, perfezione.
     Il suo, oltre che un assioma, era una sorta di ossessione; non c’era tempo che non venisse coniugato in tutte le espressioni filosofiche possibili; elemento che spesso travasava nel concetto di durata per dedurne preoccupazioni stante che tutto appare transeunte. Paragonava qualsiasi parziale scomparsa – sia pure la più insignificante – a un delitto senza castigo di cui si stessero macchiando o si fossero macchiati gli uomini trasformati in barbari, e peggio ancora in predoni. Avrebbe voluto un vaso di Pandora per conservarci tutte le arti. È per tale motivo che, preda sopratutto del logos, cominciò a scrivere ovunque, su questo o quel supporto le fosse capitato tra le mani: fantasticando nel contempo di salvezza e consegna alle future generazioni di langue e di paròle.

 

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