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KIKUO TAKANO

 


SENZA TITOLO

Non si sa da dove sia arrivato nel villaggio
un tranquillo uomo di mezza età.
E s’è messo in buona lena
con lo shinodake¹ a tracciare un recinto
intorno al basamento del tempio.
“Ma che voglia allevarci i polli?”
così si mormorava su di lui.
Ma è bastato assai poco e il pazzo tranquillo
è morto dentro il recinto quasi finito.


¹ La “shinodake” è una specie di bambu,
sottile sia nelle foglie che nelle canne

 

FAMELICO


Famelico, anche troppo.
Davvero troppo famelico, come fossi un serpente folle
che azzanna il proprio corpo,
anche questa mattina svegliandomi
mi mordevo selvaggiamente.

Povero cristo!
Da dove mi viene tanta fame?
Oh, me sventurato!

Tra ciò che assorbo e ciò che perdo,
il conto è pari,
il cerchio si chiude!

Ma quel cerchio
a chi è stato dedicato?
Con ostinazione continuo a chiedermi
a chi quel cerchio sia stato offerto.


IL TRENO

Mi capita talora di prendere un treno
e di andare volentieri verso un luogo
del tutto sconosciuto,
e lì capita che bambini senza nome
in fila sull’argine ignoto, ci salutano,
sventolano le mai senza che nessuno risponda
al saluto subito dimenticato.

Ed io penso:
“Ma le mani non dimenticano”.
Non dimenticano quelle mani d’essere mani,
e dunque parto ancora una volta,
voglio ancora incontrarle
con le guance rosse per la mia età.

Ma cosa è questa mano?
Compro il biglietto con questa mano misteriosa.
E cosa è quella mano?
Corro a scovare quelle mani misteriose
per aver certezza di incontrare ogni altra mano
e di vergognarmi di queste mie mani.


DISCO

Come fossi un disco
vorrei anch’io un solco che precipita
vertiginoso verso il centro.

La sua punta potrebbe seguire
al centro la mia vertigine canora.
Potrebbe già rivolgere
il suono verso quel foro
come un piccolo tunnel.

Ed ecco che la punta
mi spinge verso il centro
con la sua voce canora e mi lascia
vuoto nella vertigine
per non essere pronto
ad essere redento e neppure capace
di capire quel mio turbamento.


L’AQUILONE

È davvero inutile
questo mio desiderio di cielo
perché non possiedo ciò che è necessario:
un filo che mi tiene a terra
e la potenza di un vento che sradica…

O filo! O vento!
E si potrà mai
decifrare con lo sguardo
l’inestricabile nodo
che li unisce?

Ma io non posso rinunziare a me
e quanto mi pesa
ciò che  davvero mi manca!


RAGNO

O ragno incontenibile,
è folle quel tuo desiderio!

“Ora ingurgito e rigetto
quel groviglio di fili,
voglio possederli
davvero fino all’ultimo”

“Ora li rigetto
dopo averli del tutto espulsi
e voglio prender conforto
nel vuoto di quella filatura”

O ragno incontenibile,
è folle quel tuo desiderio!


BURATTINO

Nulla può il burattino. Che pure è mosso da fili;
nulla può perché non saprà mai reciderli,
e può soltanto, mosso dalla disperazione,
abbrancare l’aria con inutili piroette.

 

CIELO

In quel tempo non mi chiedevo ancora
il senso del cielo e della terra
e avevo mani e piedi imbrattati di fango.
In quel tempo
felice era la mia parola,
felice ero come quando la luce
incontra l’acqua,
e il cielo incontra la terra.
Felice ero come le foglie.
Anche la mia cima d’albero si prolungava in cielo
e la mia radice era dentro il cuore della terra.
Cresci, allungati.
Felice era la mia parola,
ora infelice,
perché quella stessa parola,
sbagliando, chiede senso
e si interroga sul senso ultimo
e sull’opera di Dio.
La mia parola somiglia al dolore
Come le foglie in attesa dell’inverno,
stormiscono già condannate
e non così sagge da cadere in terra.


Traduzione di Yasuko Matsumoto e Renato Minore

 
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