SENZA TITOLO
Non si sa da dove sia arrivato nel villaggio un tranquillo uomo di mezza età. E s’è messo in buona lena con lo shinodake¹ a tracciare un recinto intorno al basamento del tempio. “Ma che voglia allevarci i polli?” così si mormorava su di lui. Ma è bastato assai poco e il pazzo tranquillo è morto dentro il recinto quasi finito. ¹ La “shinodake” è una specie di bambu, sottile sia nelle foglie che nelle canne
FAMELICO Famelico, anche troppo. Davvero troppo famelico, come fossi un serpente folle che azzanna il proprio corpo, anche questa mattina svegliandomi mi mordevo selvaggiamente.
Povero cristo! Da dove mi viene tanta fame? Oh, me sventurato! Tra ciò che assorbo e ciò che perdo, il conto è pari, il cerchio si chiude! Ma quel cerchio a chi è stato dedicato? Con ostinazione continuo a chiedermi a chi quel cerchio sia stato offerto. IL TRENO
Mi capita talora di prendere un treno e di andare volentieri verso un luogo del tutto sconosciuto, e lì capita che bambini senza nome in fila sull’argine ignoto, ci salutano, sventolano le mai senza che nessuno risponda al saluto subito dimenticato. Ed io penso: “Ma le mani non dimenticano”. Non dimenticano quelle mani d’essere mani, e dunque parto ancora una volta, voglio ancora incontrarle con le guance rosse per la mia età. Ma cosa è questa mano? Compro il biglietto con questa mano misteriosa. E cosa è quella mano? Corro a scovare quelle mani misteriose per aver certezza di incontrare ogni altra mano e di vergognarmi di queste mie mani. DISCO
Come fossi un disco vorrei anch’io un solco che precipita vertiginoso verso il centro. La sua punta potrebbe seguire al centro la mia vertigine canora. Potrebbe già rivolgere il suono verso quel foro come un piccolo tunnel. Ed ecco che la punta mi spinge verso il centro con la sua voce canora e mi lascia vuoto nella vertigine per non essere pronto ad essere redento e neppure capace di capire quel mio turbamento. L’AQUILONE
È davvero inutile questo mio desiderio di cielo perché non possiedo ciò che è necessario: un filo che mi tiene a terra e la potenza di un vento che sradica… O filo! O vento! E si potrà mai decifrare con lo sguardo l’inestricabile nodo che li unisce? Ma io non posso rinunziare a me e quanto mi pesa ciò che davvero mi manca! RAGNO
O ragno incontenibile, è folle quel tuo desiderio! “Ora ingurgito e rigetto quel groviglio di fili, voglio possederli davvero fino all’ultimo” “Ora li rigetto dopo averli del tutto espulsi e voglio prender conforto nel vuoto di quella filatura” O ragno incontenibile, è folle quel tuo desiderio! BURATTINO
Nulla può il burattino. Che pure è mosso da fili; nulla può perché non saprà mai reciderli, e può soltanto, mosso dalla disperazione, abbrancare l’aria con inutili piroette. CIELO In quel tempo non mi chiedevo ancora il senso del cielo e della terra e avevo mani e piedi imbrattati di fango. In quel tempo felice era la mia parola, felice ero come quando la luce incontra l’acqua, e il cielo incontra la terra. Felice ero come le foglie. Anche la mia cima d’albero si prolungava in cielo e la mia radice era dentro il cuore della terra. Cresci, allungati. Felice era la mia parola, ora infelice, perché quella stessa parola, sbagliando, chiede senso e si interroga sul senso ultimo e sull’opera di Dio. La mia parola somiglia al dolore Come le foglie in attesa dell’inverno, stormiscono già condannate e non così sagge da cadere in terra. Traduzione di Yasuko Matsumoto e Renato Minore
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