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FERNANDA FERRARESSO

 

 


TRAMANTI


fuoco che mi cammini dentro

dai piedi alla testa popolami delle tue fiamme
libera le erbe dentro me e le spighe nei solchi della terra
in un solo movimento segna le pareti della vita.
Ho bisogno di sentire che mi bruci
tu: semenza di cielo e terra
legno che arde dentro la vena dei miei rami
gesto che dispone il mio crescere.
Tu crepiti dentro la mia piccola cella il buio e lo splendore
di ogni stella i tuberi di primavera il serpeggiare dei pensieri
i lari e il volto di chi si è fatto più distante.
Sognami fuoco e fa che anche io ti insegua
rosso su rosso ai piedi del cammino mentre si fa cenere
tutta la vita.

 

 

Non mi toccare

Non mi toccare parola senza carne.
Non venire con le tue scheletriche falangi

a battagliare nelle trincee della mia ignoranza.

No. Non mi lasciare addosso l’afrore dei tuoi ca’ valli.
Nodo per nodo legàti alla mia coda d’asina.

 

 

ti porto

una faccia tagliata e uno sguardo tagliente
uno spaccato senza assonometria
una sezione aurea di archi balenati tra le vertebre sonore
e i sonagli del lebbroso che mi soffia il suo male dentro la gola.
L’ho cucito alla mia pelle facendone canzoni
coltivazioni di colore cresciuto direttamente
dentro il cervello smontato pezzo per pezzo dagli ingombri 
                                                                       [della logica.
Esposto ad ogni furia ad ogni turbine ad ogni nubifragio
offre solo intersezioni tra  livelli di fotoni agitati
e spin vertiginosi.
Eppure ancora, dentro tutto questo, trovo un gesto da donarti.

 

 

Se strizzandomi la lingua
facessi esplodere rose e cartine al tornasole
declinassero per me la chimica di un bacio
allora troverei un laccetto di cuoio
e forte attorno alla parola inaudita lo attorciglierei.
Starei in silenzio affinché i semi narrassero del mondo
                                                             [la memoria
e ogni pupilla ne stampasse la topografia aroma per
                                                           [aroma.
Anagrammaticherei il lido e la gondola per trovare che
                                                                [solo uno
è il luogo dei suoi magnifici tornanti.

 

 

La neve delle parole
sulla fitta notte
slitta le nostre vite.
Ho nascosto il turbine nelle mie vene per
restare a guardarti.

 

 

Stavamo insieme in mezzo
a quell’acqua   in quella città di suoni   ricorrenti tra
                                                          [canali e lagune.
Il tocco delle pietre sotto i piedi scalzi e scalzo
il tempo aveva steso damaschi
la sua lievissima sostanza
una camera adeguata al nostro essere insieme
l’uno nell’altra due passi.

E una voglia

matta nelle mani   nella bocca  nelle gambe  nella pancia.
Ci spingeva
 avanti lungo i canali
strusciando per spogliarci.
Noi facevamo l’amore
interi e intatti
dentro il lampione dell’ombra
esatti nell’arco della notte.

Fino all’alba fino all’orlo: solo una linea.

 

 

quando mi baci
amore  rovesciami il cielo dentro la notte
come una scodella il latte
l’estate nell’erba un mare di giallo
restami lontano quanto un oceano e
lungo la riva cercami di volta in volta
dentro l’impermanenza dello spazio

 

 

è per liberarla che sollevo
alto il mio piede, perché lontana
il più possibile possa
spingermi e viversi senza essermi
gemella oscura. Povera
ombra che mi sta così devota
sotto i piedi mentre le faccio le scarpe

 

 
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