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FRATTURE DA COMPORRE di ANTONIO SPAGNUOLO

 

 


FRATTURE DA COMPORRE


    Non sono un poeta. Non so nemmeno cosa sia la poesia, se non ciò che si è scritto e detto di essa. A volte il profumo dei fiori, a volte l’afrore; altre volte l’amore. Poi venne la frattura con il passato, la ridefinizione di un genere abusato, il non sense (detto neoavanguardia). C’è chi resistette; c’è chi si arrese. Adesso ritorna di moda, è diventata una voga la poesia di parola. Ecco allora i versi di Antonio Spagnuolo letti, e chiosati con grazia; con l’uso dell’intelletto; la sapienza che gli è nota, da Giuseppe Panella.
    Fratture da comporre è la storia (veritiera) di chi crede nel demiurgo ovverosia la poesia. È fatta di versi (diversi i versi); narrano di una speranza perennemente frustrata; dicono di una attesa rimasta da sempre tale: e guai se così non fosse, verrebbe meno la funzione della poesia. Si distingue da altri volumi per sobrietà, asciuttezza.
    Ci fu in seguito la poesia visiva; la cinetica; la performativa; la sonora preceduta però dai rumori futuristi; quella totale (dopodiché il cerchio si chiuse, ma per fortuna soltanto apparentemente: tant’è che Gianni Toti la ruppe, la ridusse in frantumi; ne fece scempio, e non erano ancora finite le calamità). Riprese lena la poesia in versi. Parlò di rimorsi a fronte di sillabe senza senso; di notti accerchiate dall’inferno; e per fortuna anche di raggiera che scorre agli occhi di fanciulla. Se queste sono Fratture da comporre (tra pessimismo e fuga nel sogno; tra sintassia e asintassia) mi ci trovo, sento anch’io di navigare nell’immenso della poesia.
    Quanta parte della vita dell’uomo vi è stata trasfusa; quante cantiche; quanti menestrelli; quanti languori e preci. Ci fu quella religiosa, ormai in disuso; quella colta alla Edoardo Cacciatore o Ezra Pound; quella impegnata alla Cane o alla Terminelli (talvolta divenuta una canea); quella di Majakowski con la bandiera rossa al vento. Generi e figure, surrealismo ed ermetismo; incomunicabilità se non con se stessi; giri viziosi di parole.
    E invece Fratture da comporre spazza via queste cose; si dà alla chiarezza: seppure soffusa com’è della poesia: parte suscettibile di essere vista, cioè visiva; e parte non. Non azzardo un giudizio perché non ne son capace e perché viziato di singlossia. Mi basta dire che ho letto con affetto e gradito sia l’omaggio che il messaggio. Ora che conosco un po’ meglio lo Spagnuolo posso dire di avere conquistato un amico: e per di più poeta. Facciamo dunque largo alla poesia e auguriamole mille e passa di questi giorni: e qui intendo di quelli che si annunciano con un volume di versi.

Ignazio Apolloni

 

 
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