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IGNAZIO APOLLONI a MARCELLO BENFANTE

 

 


Caro Marcello
Leggere o non leggere non cambia nulla: vuoi perché a leggere narrativa, pamphles, gialli più o meno edulcorati sono in pochi (e perciò non contano nulla) e vuoi perché non è vero che le parole sono pietre (altrimenti noi che le usiamo dovremmo avere in casa il risultato di una cava espropriata del suo prezioso materiale).
C'è pure che se fosse vero il contrario basterebbe scagliare le parole più pesanti addosso - preferibilmente colpire il cranio - a questi sedicenti politici. Finché questi signori occuperanno la prima fila nei convegni, congressi o consessi (e non meno la occupano i prelati con e senza papalina, detta anche zuccotto, da zucca); investiti di una delega in bianco rilasciata dagli elettori a titolo di ricompensa (meglio se fossero investiti da altro che non un segno di croce su una scheda da dieci o cento euro) non ci sono santi che tengano: tranne, per i fedeli più devoti (quelli che spingono il carro) la patrona della città.
La tua difesa dei nostri migliori scrittori è sacrosanta però, qualcuno che esaltasse di meno la cosidetta aristocrazia o la borghesia... o qualcuno che volesse fare il Masaniello o il Cicervacchio, non guasterebbe.
Per che cosa poi? Per dare uno zuccherino al cavallo perché si comporti bene, faccia a dovere gli esercizi ai quali è stato addestrato, in questo o quel circo?
Duole pensare che questa Sicilia somiglia sempre di più a un circo equestre, con saltimbanchi, funamboli, equilibristi, comici da strapazzo che strombazzano mirabilie: basta vedere una donna cannone o una priva di braccia che rammenda con le dita del piede per verificarne l'esistenza.
Ti so convinto di ciò che scrivi, e ti ammiro, come ammiro altresì Repubblica di Palermo. Sai però come si dice: il pesce puzza dalla testa, e in testa nel tempo ci abbiamo avuto Crispi; Giolitti, Benito, Milazzo e tutti gli altri servi della DC, quindi della Chiesa pre-unitaria; post-unitaria; amante dei propri privilegi; dai poteri di convincimento e di coercizione più forti di quelli della mafia.
Hai mai visto in testa a un corteo un prete o un qualsiasi prelato? Si è mai visto un cappellano che digiuna come fece Danilo Dolci per tentare di risanare l'area di Partinico e Borgetto?
Che fare, dunque: si sarebbe domandato Lenin, il più che vituperato Lenin (e non a torto, in quanto ha lasciato il timone delle repubbliche sovietiche a Stalin)?
Non lo so più. Un tempo credevo nella lotta di classe. Ora che le classi sono regredite tutte a livello di prima elementare c'è soltanto da sperare in un terremoto, non proprio distruttivo come quello di Haiti: ma che ci liberi dal male e così sia.

Ignazio

 

 
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