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ALESSANDRO MONTICELLI

 

 

A Bucarest ha appena smesso di piovere

 

A Bucarest ha appena smesso di piovere
E l’Air Force One svetta alto e calmo
Sulle nostre teste.
Di sera la precarietà dell’amore taglia
Come un coltello e le gocce di sangue
Impastano la bocca di amanti al telefono.

Stiamo camminando verso regni più bassi
Dove prendersi veloci come cani chiusi in un garage.
Ma a volte il corpo chiede ancora un po’di anima
Per tutti coloro che credono di non averne bisogno.


A fine stagione


Cerco un luogo dove posare con calma la guancia
Avrei pensato contro le tue cosce aperte
O su di un sorriso che passa senza voltarsi.
Perdonatemi ma ho dimenticato tutto
 Il suo profumo quello della sua pelle
E il suo profilo dove si specchiava il cielo.
Questo week-end è un complotto di cristallo
Che riluce su filamenti di sangue appassiti.
Le notti si increspano come il mare
Ma se le sue onde si ritraggono dalla sabbia veloci
Io rimango aggrappato ad essa
Come spuma bianca che resta orma.
Lo so, è una cosa semplice,una sciocchezza
Ma ha un suo valore e volevo dirvelo.
Perché tutto ho dimenticato
Tranne l’amore.

 

Alla fine abbandonato dal sole
In un campo affogato dalla pena.
Restava leggero negli interstizi di un fascinoso niente
E nelle increspature delle parole che si affacciano
nella quiete di un mattino che si perde.
Tutto ciò che di giorno scriveva sulla sabbia
Di notte il mare lo cancellava.
Intorno case avvolte dal silenzio
E in quelle stanze le alte e basse frequenze del suo umore.
Ora, in blasfeme solitudini
Persiste l’eco nitida, acuminata della voce postuma.
Se si potesse scegliere, come allora
Diremmo Barabba.

 

Belvedere o passaggio


Lavavetri inconsapevoli
Turisti in sandali e calzini
Una piscina condominiale piena di foglie.

E tu che scrivi sul cristallo
Appannato dal fiato
Un “per sempre”
Che venti secondi è durato.


Come splendore inutile di valuta fuori corso
Anche oggi la croce proietta la sua ombra
Sulla bellezza che passa di letto in letto
Ansante di carnalità tellurica
E franante nel giardino dei supplizi d’amore.

Dietro le spalle il giorno appassisce
Come latrato di cane che in lontananza
S’indebolisce.

Leggo di Rothko che nel 1970 a 67 anni
Si suicida nel suo studio tra un blu e grigio
Un arancio e viola, rosso marrone  e nero.

 E forse anche oggi soprappensiero
A chi ho parlato ho detto verità più del previsto.


Comunicato Stampa (notizia dell’ultima ora)

A Roma in centro
In una traversa di via Cola di Rienzo
C’è una camera d’albergo.
Lì ho lasciato tracce di (se)me
Parole di vetro
E una noce da rompere
Per scoprire il suo frutto cristallino di mielamaro
Dal sapore segreto che smarrisce.

Si dice che l’abitudine alla decadenza
Porta a fiaccare il senso del rimpianto.
Ma alcuni fanno eccezione.

Perché nella vita e nelle cose dell’amore
La passione non è mai sufficiente
Ci vuole il talento.

Grazie per l’attenzione.


Fu una carezza fatta con le unghie
Che mi svelo’ il valore estetico dell’egoismo.
La verità provvisoria dell’amore
La pelle fragile.

L’espressione lasciva d’una compagna d’orgia
Nelle ore di certe notti che si contano come
Denti radi di un vecchio pettine.

Ma il fascino dell’uomo è nell’imperfezione
E poi d’estate a fine giornata la vita
Sembra avere sempre vent’anni.

 

Grazie Mr. Cohen

 

È un pensiero percotente
Coagulatosi in questa via crucis dell’intelletto
Che le parole ostinate come stalattiti
Non riescono a penetrare.
Difendi il corpo portando le mani al viso
Ma l’onda nel tuo bicchiere
Si infrange sul vetro senza farti del male.
Quando arriverà l’odio col suo pacco
Ricordalo
Impediscine la consegna.  


Ho rispetto del sangue che ha sempre lo stesso colore
Ho rispetto per l’odore della povertà
E di chi sa parlare agli altri e li sa ascoltare.
Ho rispetto per quelle persone che dopo aver toccato
Tanto male hanno le mani più pure.
Della poesia che non muta nulla perché nulla è sicuro
Ho rispetto di chi ha sempre amato ciò che non può dire
E della sconfitta che sta nella paura di chiedere all’altro
Se ci ama.
Ho rispetto delle preghiere che difficilmente salvano le vite
Di chi ci abbandona chiudendo le palpebre
E di chi è in cerca di un passato che non causi più dolore
Ho rispetto del perdono e di colui che lo sa donare.

Di queste cose ho rispetto e di altre ancora
Ma soprattutto delle cose più semplici
E che purtroppo si imparano sempre alla fine.


Il giovane studente si addormenta
Il vento caldo dalla finestra aperta
Sfoglia le pagine e continua a leggere per lui.
Nella memoria si fanno passi indietro,a lato
Dove si vuole,nella memoria non ci sono direzioni.
Ognuno percorre una strada passata
Ma che strada è se non ti riporta a casa?
La stanza della tua casa è d’oro e bianca
Chiusa alle mie intenzioni e ai desideri
Di letterature spontanee come erbacce
Tra le fessure del cemento.
Lì dentro costruisci anche tu lo stratagemma
Del cavallo di legno, per ingannare chi aprirà
La porta dopo di me.
L’arte di perdere si impara facilmente
Ed è il peso di tutto questo che si regge tra due parole.


In tavola pieta’(nze) servite su piatti d’argento.
Rischiarate dalla nudita’ imbarazzante di un rosario
Dai colori sfiniti di stupore notturno.

In camera i tuoi fianchi vivi
Tradiscono fruscio d’ombra sul muro accanto al letto
I corpi sono onde in controtempo
E il desiderio viene soffocato dalla carne.

Sul comodino un libro nel quale mi sono perso a meta’
Piu’o meno come nella vita.

E tutto questo e’ gia’ tanto.
Ed e’ quanto.

 

Inutile dire che ho incontrato la felicità
Almeno un paio di volte, ma non mi ha riconosciuto.
Io invece ricordo i volti appiattiti,anemici,farmaceutici
Di chi restituisce i resti di amuleti perduti,scivolati
Dalle mani sudate durante il viaggio.
Viventi precari, ospiti a tempo determinato di una vita.
Perciò ho smesso da un po’ anche di imprecare un dio
Dannato quanto me.
Reo anche lui di aver commesso un unico grande sbaglio
Aver puntato su di noi sin dall’inizio.

 

 
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