A Bucarest ha appena smesso di piovere A Bucarest ha appena smesso di piovere E l’Air Force One svetta alto e calmo Sulle nostre teste. Di sera la precarietà dell’amore taglia Come un coltello e le gocce di sangue Impastano la bocca di amanti al telefono. Stiamo camminando verso regni più bassi Dove prendersi veloci come cani chiusi in un garage. Ma a volte il corpo chiede ancora un po’di anima Per tutti coloro che credono di non averne bisogno. A fine stagione
Cerco un luogo dove posare con calma la guancia Avrei pensato contro le tue cosce aperte O su di un sorriso che passa senza voltarsi. Perdonatemi ma ho dimenticato tutto Il suo profumo quello della sua pelle E il suo profilo dove si specchiava il cielo. Questo week-end è un complotto di cristallo Che riluce su filamenti di sangue appassiti. Le notti si increspano come il mare Ma se le sue onde si ritraggono dalla sabbia veloci Io rimango aggrappato ad essa Come spuma bianca che resta orma. Lo so, è una cosa semplice,una sciocchezza Ma ha un suo valore e volevo dirvelo. Perché tutto ho dimenticato Tranne l’amore.
Alla fine abbandonato dal sole In un campo affogato dalla pena. Restava leggero negli interstizi di un fascinoso niente E nelle increspature delle parole che si affacciano nella quiete di un mattino che si perde. Tutto ciò che di giorno scriveva sulla sabbia Di notte il mare lo cancellava. Intorno case avvolte dal silenzio E in quelle stanze le alte e basse frequenze del suo umore. Ora, in blasfeme solitudini Persiste l’eco nitida, acuminata della voce postuma. Se si potesse scegliere, come allora Diremmo Barabba. Belvedere o passaggio Lavavetri inconsapevoli Turisti in sandali e calzini Una piscina condominiale piena di foglie.
E tu che scrivi sul cristallo Appannato dal fiato Un “per sempre” Che venti secondi è durato. Come splendore inutile di valuta fuori corso Anche oggi la croce proietta la sua ombra Sulla bellezza che passa di letto in letto Ansante di carnalità tellurica E franante nel giardino dei supplizi d’amore.
Dietro le spalle il giorno appassisce Come latrato di cane che in lontananza S’indebolisce. Leggo di Rothko che nel 1970 a 67 anni Si suicida nel suo studio tra un blu e grigio Un arancio e viola, rosso marrone e nero. E forse anche oggi soprappensiero A chi ho parlato ho detto verità più del previsto. Comunicato Stampa (notizia dell’ultima ora)
A Roma in centro In una traversa di via Cola di Rienzo C’è una camera d’albergo. Lì ho lasciato tracce di (se)me Parole di vetro E una noce da rompere Per scoprire il suo frutto cristallino di mielamaro Dal sapore segreto che smarrisce. Si dice che l’abitudine alla decadenza Porta a fiaccare il senso del rimpianto. Ma alcuni fanno eccezione. Perché nella vita e nelle cose dell’amore La passione non è mai sufficiente Ci vuole il talento. Grazie per l’attenzione. Fu una carezza fatta con le unghie Che mi svelo’ il valore estetico dell’egoismo. La verità provvisoria dell’amore La pelle fragile.
L’espressione lasciva d’una compagna d’orgia Nelle ore di certe notti che si contano come Denti radi di un vecchio pettine. Ma il fascino dell’uomo è nell’imperfezione E poi d’estate a fine giornata la vita Sembra avere sempre vent’anni. Grazie Mr. Cohen È un pensiero percotente Coagulatosi in questa via crucis dell’intelletto Che le parole ostinate come stalattiti Non riescono a penetrare. Difendi il corpo portando le mani al viso Ma l’onda nel tuo bicchiere Si infrange sul vetro senza farti del male. Quando arriverà l’odio col suo pacco Ricordalo Impediscine la consegna. Ho rispetto del sangue che ha sempre lo stesso colore Ho rispetto per l’odore della povertà E di chi sa parlare agli altri e li sa ascoltare. Ho rispetto per quelle persone che dopo aver toccato Tanto male hanno le mani più pure. Della poesia che non muta nulla perché nulla è sicuro Ho rispetto di chi ha sempre amato ciò che non può dire E della sconfitta che sta nella paura di chiedere all’altro Se ci ama. Ho rispetto delle preghiere che difficilmente salvano le vite Di chi ci abbandona chiudendo le palpebre E di chi è in cerca di un passato che non causi più dolore Ho rispetto del perdono e di colui che lo sa donare.
Di queste cose ho rispetto e di altre ancora Ma soprattutto delle cose più semplici E che purtroppo si imparano sempre alla fine. Il giovane studente si addormenta Il vento caldo dalla finestra aperta Sfoglia le pagine e continua a leggere per lui. Nella memoria si fanno passi indietro,a lato Dove si vuole,nella memoria non ci sono direzioni. Ognuno percorre una strada passata Ma che strada è se non ti riporta a casa? La stanza della tua casa è d’oro e bianca Chiusa alle mie intenzioni e ai desideri Di letterature spontanee come erbacce Tra le fessure del cemento. Lì dentro costruisci anche tu lo stratagemma Del cavallo di legno, per ingannare chi aprirà La porta dopo di me. L’arte di perdere si impara facilmente Ed è il peso di tutto questo che si regge tra due parole.
In tavola pieta’(nze) servite su piatti d’argento. Rischiarate dalla nudita’ imbarazzante di un rosario Dai colori sfiniti di stupore notturno.
In camera i tuoi fianchi vivi Tradiscono fruscio d’ombra sul muro accanto al letto I corpi sono onde in controtempo E il desiderio viene soffocato dalla carne. Sul comodino un libro nel quale mi sono perso a meta’ Piu’o meno come nella vita. E tutto questo e’ gia’ tanto. Ed e’ quanto. Inutile dire che ho incontrato la felicità Almeno un paio di volte, ma non mi ha riconosciuto. Io invece ricordo i volti appiattiti,anemici,farmaceutici Di chi restituisce i resti di amuleti perduti,scivolati Dalle mani sudate durante il viaggio. Viventi precari, ospiti a tempo determinato di una vita. Perciò ho smesso da un po’ anche di imprecare un dio Dannato quanto me. Reo anche lui di aver commesso un unico grande sbaglio Aver puntato su di noi sin dall’inizio.
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