Allegorie per una prova d’Autore E mi dissero anche che le pietre arano state mutate in pane, le pietre di questo colle pietroso e di noi e i ciuffi d’erba e la malva l’erica le ortiche, ma gli fu chiesto e disse e poi giunse a cose fatte. Pietre di questo colle punteggiato d’erba (qualcuno giurò trattarsi di bubboni e escrescenze e macchie), tutto varchi e sentieri e baratri e dirupi per dove vorrei vietarmi di passare, e l’ago e la cruna ed è più facile che. Ma dimmi, tu che scruti: che scruti, chi? Se io qui, tra malva e ortiche dove nessuno giunge, giunto al sommo di quest’era che si spegne e spegne in me l’amore ancora vago a ricercarmi e vagolo ombra che si adombra se squarci di luce tardano a segnare una sola di queste nubi, questi grigi scenari e labirinti ove mi recito e smarrisco: ed è smarrito in me il pensiero, o nubi o scenari o labirinti, oh me smarrito! E queste buffe ghirlande d’eriche e malva, i tronfi allori con cui mi pavoneggio in questi luoghi di ortiche e balze e luoghi di pietre e cerberi e di lonze e squilli di trombe a confondere confondere…squilli di trombe a dirmi ad appressarsi a me al mio orecchio e a quello del cuore, in questa notte di ululi di vento e di lune velate di timori, amore che mi fai crescere lo strazio di questo coro muto. E parole e parole di vuoto nel lento o vorticoso snodarsi del silenzio ove pure il tuo volto mi giunge definito e il pulsare del cuore perduto nella trama del segreto spartito dell’amore. E dunque parole di vuoto. Parole. È vuoto intorno, un’illusione il tuo appressarti a me e dirmi che. Questa musica che ascolto e che mi sfibra come un grande amore, che mi parla di me del mio tempo di terra del nostro inganno e che ora -ascolta- scivola sull’ultimo solco e un granello di polvere ne deforma le note, le snatura nel suono cavernoso del tuomio Es, si perde -fruscio fiato soffio aria- come un filo d’erba che spunti dalle zolle e subito reclina la cima al vento folle della terra. Come questa musica che ascolto. O te? (O questo vento). Te che ti appressi a me, tu che ti appressi (e questo vento e languori e squilli di trombe e balze), ti appressi a dirmi e a dirmi che.
|