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GIOVANNI OCCHIPINTI

 

Allegorie per una prova d’Autore
 

E mi dissero anche che le pietre arano state mutate in pane,
le pietre di questo colle pietroso e di noi e i ciuffi
d’erba e la malva l’erica le ortiche, ma gli fu chiesto e
disse e poi giunse a cose fatte.

Pietre di questo colle punteggiato d’erba (qualcuno giurò
trattarsi di bubboni e escrescenze e macchie), tutto varchi
e sentieri e baratri e dirupi per dove vorrei vietarmi
di passare, e l’ago e la cruna ed è più facile che.

Ma dimmi, tu che scruti: che scruti, chi? Se io qui, tra malva
e ortiche dove nessuno giunge, giunto al sommo di quest’era
che si spegne e spegne in me l’amore ancora vago a ricercarmi
e vagolo ombra che si adombra se squarci di luce tardano a
segnare una sola di queste nubi, questi grigi scenari e labirinti
ove mi recito e smarrisco: ed è smarrito in me il pensiero,
o nubi o scenari o labirinti, oh me smarrito! E queste buffe
ghirlande d’eriche e malva, i tronfi allori con cui
mi pavoneggio in questi luoghi di ortiche e balze e luoghi
di pietre e cerberi e di lonze e squilli di trombe a confondere
confondere…squilli di trombe a dirmi ad appressarsi a me
al mio orecchio e a quello del cuore, in questa notte di ululi
di vento e di lune velate di timori, amore che mi fai crescere
lo strazio di questo coro muto. E parole e parole di vuoto
nel lento o vorticoso snodarsi del silenzio ove pure il tuo
volto mi giunge definito e il pulsare del cuore perduto nella
trama del segreto spartito dell’amore.

E dunque parole di vuoto. Parole. È vuoto intorno, un’illusione
il tuo appressarti a me e dirmi che.
Questa musica che ascolto e che mi sfibra come un grande amore,
che mi parla di me del mio tempo di terra del nostro inganno
e che ora -ascolta- scivola sull’ultimo solco e un granello
di polvere ne deforma le note, le snatura nel suono cavernoso
del tuomio Es, si perde -fruscio fiato soffio aria- come
un filo d’erba che spunti dalle zolle e subito reclina la
cima al vento folle della terra.

Come questa musica che ascolto. O te? (O questo vento). Te
che ti appressi a me, tu che ti appressi (e questo vento e languori e
squilli di trombe e balze), ti appressi a dirmi e a dirmi che.

 
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