VISITA AL CIMITERO DEGLI INGLESI Anch’io sono andato alla tomba di Gregory ma non gli ho portato fiori. Ho posto la confezione di birre davanti alla sua lapide (ultimamente beveva cerveza come un Dio dell’Oktoberfiest) e gli ho detto: “Ma davvero sei là sotto, tu che sapevi trovare sempre una soluzione per sottrarti al marciume e farne coriandoli? Quali patti hai fatto coi vermi?”. Mettendomi una mano sulla spalla mi ha risposto: “Il mio vecchio nonno calabrese mi consigliava di adattarmi alle situazioni per non soccombere. Qui l’unico danno è che ci sono troppi inglesi, non li sopporto, ma c’è Dario (ricordi il nostro lungo viaggio in Sicilia?) e c’è Amelia che continua a divertirmi, pensa che ancora minaccia di denunciarci per via di quella cocacola annacquata che scambiò per veleno. Ne parla e ne parla. Grazie per le birre. Peccato che ormai… Ma sai, Gramsci crede d’avere ancora il corpo, le porterò a lui. Ciao, amico”.
HO SEMPRE AVUTO Ho sempre avuto nella mente il grido di Medea, ho sempre avuto ragioni per uccidere.
E sono stato così sciocco da piegarmi alla pietà degli altri e di me. Non serve il lamento adesso che tutti impunemente possono entrare e uscire da me senza neppure chiedere il permesso. L’ANSIA D’UN GIGLIO
L’ansia d’un giglio che mi perseguitò per scale e androni e mi costrinse a pregare per scacciare dal recinto mortuario le filastrocche. Durante un tramonto le cariatidi divennero virgulti e la pietà trionfò sulla terra fosca del niente. Il buio è equidistante dal cuore e dalla mente. In ginocchio ascolto I consigli dei padri per non assecondarli.
MI VADO SEMINANDO Potrei piegarmi un po’, trovare qualche affinità con la terra, ronzare meno e poi eliminare la piega del labbro l’increspatura marcata della fronte; potrei dirmi che tutto sommato questa estraneità è il mio peccato d’inadeguatezza. Invece mi spinge un’ebbrezza violenta e m’avvelena i peccati. Lo so, mi vado seminando in spazi morti per sfidare la sordità del nero e il suo finto candore.
CERTE SERE SONO Certe sere sono più solo della rana che gracida nello stagno, più acida ogni giorno, in gara con gli usignoli. Povera rana scordata nell’aldiquà.
MADRE Nel ramo d’un mandorlo sento i tuoi sospiri. Se sapessero che sei tu che mi guidi.
I MISERI OGGETTI I miseri oggetti ai quali siamo stati legati per la vita, gli oggetti insignificanti, quelli acquistati ai mercatini, per improvvisi attacchi di cupidigia. Li abbiamo tenuti con noi mettendoli in bella vista, li abbiamo spolverati e coccolati accarezzandoli! Quando decideremo di andarcene ci vedranno partire indifferenti?
LASCIATEMI MARCIRE Lasciatemi marcire nel silenzio delle foglie morte come un autunno alla deriva delle ombre.
Del resto tutto finisce e le tracce si cancellano. Se qualche mio verso resterà senza nome, senza data.
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