spacer.png, 0 kB
spacer.png, 0 kB
TERESA MARINIELLO

 


Ifigenia in Aulide


Ho finalmente smesso di cercarti.
Un malinteso lungo quanto
la mia vita.

Persino quel giorno sulla bianca spiaggia
tra sassi e ciuffi radi
mentre incontro ti mandavo la mia giovenca,
ho cercato nel tuo occhio
un fremito, una luce
per me che venivo dietro.
Dietro
il sacrificio che avevi promesso.
Era l’imbrunire,
nella fessura del tuo sguardo opaco
nella corteccia serrata delle tue labbra
volli vedere l’autorità del principe
la grazia del padre. Insieme, a ricomporsi.

Bianca la missiva della madre:
Salvati, fai in modo di…

Bianca la mia giovenca come sempre
...da quando lo immaginavi,

Bianca la mia veste
..davvero il mio  sangue per favorirti il mare?
Si.
Ma piuttosto per chiudere il tuo regno
la tua vita su te,
la mia morte come un sigillo
su ogni possibile mia discendenza, sul filo
che da solo volevi avvolgere.
Perché temevi lo scorrere dei giorni sulle vie
hai fatto della tua reggia un simulacro,
e al coraggio turbinoso dell’amore
hai preferito lo scoglio del silenzio.
Una palude di parole e atti noti.
Fermo fisso. A smuoverti, violento.
Un cuore di crisalide nel bozzolo.
Che mi sono ostinata a difendere
anche sulla Porta dei Leoni
dalle maledizioni taglienti di lei.
Se avesse potuto
ogni giorno per dieci anni
a Troia ti avrebbe raggiunto.
Ti avrebbe ucciso.
Avrebbe sparso su te il veleno nero
che le ha offuscato il sangue e
imprigionato il corpo; per un gesto mancato
lei ora siede immobile alla finestra.
In attesa con le mani scolpite.

E all’improvviso ho visto ogni cosa.
Il morso al fianco
che mi mandò via, come l’ animale braccato
che sente il pericolo
e fiuta le stelle perché altro non trova.
E va, con la sabbia nel costato
scintillante nel buio,
come un rimorso incerto
un tremore antico;
la parola che cerca scampo.
La mia colpa di essere viva.

E da Tauride, più volte in sogno
sono tornata,
ancora oggi mi sono chinata
sul tuo vecchio capo a tenerti la fronte,
ma la grigia pena di noi due
si è persa nel bianco.
Diafano.
Appena una vampata guizzante
il mio odio. Mentre sputavi piccoli fiori rossi.

 


Ifigenia in Tauride


Non voglio riconoscerti.
Perché fratello non sei stato
e ti accolgo straniero su questa isola,
nell’alto e decorato tempio
accenderò ancora il sacro fuoco
perché illumini il tuo sacrificio.

Resto sorda al tuo richiamo
ai racconti che svolgi,
della nutrice comune
della grande cisterna scura e fresca
per i nostri giochi d’estate,
del megaron odoroso e caldo.
Rami secchi.

Anche il nome di lei
Clitennestra, e lo pronunci appena,
non apre più vele
nei miei occhi scuri,
nelle mani
che hanno dovuto farsi sicure
per il gesto che Artemide comanda.
Odioso alzarsi della lama
aspro ricordo ripetuto,
mancato su di me
echeggia ogni volta per altri
sull’altare.

 

Ifigenia


Ti si rovesciarono gli occhi
e l’anima,
grandinavi parole
in un vortice acceso di rabbia
e livore non addomesticato.
Mi lasciasti partire
..Amore mio grande..
Un bacio ancora, madre.
Va bene anche costui
per aprirmi il varco, e la strada
sarà un’altra.
E i bagliori nei tuoi occhi
divennero strane creature,
tramavano negli angoli bui
indicavano la soglia accanto
ai Leoni. Lì
si sarebbe rappreso il sangue,
un tappeto rosso
d’ingresso
alla cittadella.

Fantasmi da incerti nomi
giungevano a me lontana,
Egisto forse.
Altrove e senza fretta
si preparava la tragedia
Sarebbero stati cambiati nomi e sentimenti
sarebbe rimasta la porta dei leoni.
Impostore mio fratello
dello stesso seme debole e meschino
carnefice e vittima di questa farsa recitata.

 

 

 
< Prec.   Pros. >
spacer.png, 0 kB
spacer.png, 0 kB
 
Web Design by Ugo Entità & Antonella Ballacchino - Web Master by Miky
download joomla cms download joomla themes