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ANNA MARIA FARABBI

 

 

andrò dalla vecchia
consegnandole il mio tempo
in una ciotola di argilla

al mio fianco il fiume scende
con dentro la montagna liquefatta

cercheranno la mia essenza acustica
e la migrazione della mia rondine interiore


                                                               zero

 

Mi cercano nel paesaggio.   Io sono uscita

morta   diffusa: creo la quiete tra le tempie
mentre pellegrino scalza
nell’ombelico madre.
Chiedono se la mia voce esiste
o canta il linguaggio dei pesci
dove sono in che cosa    si è trasformata
la radice dell’io.

Da animale a vegetale a minerale   in pane.

La foresta bianco rosa dei ciliegi sulle sponde del fiume
improvvisamente si è mossa:   l’odore
e i petali della brezza si staccano all’unisono
vibrando una leggerissima intima
bufera.


uno

 

tra i tanti fili del mio tappeto
uno è il rosso che lo rende volatile

questa notte la luna accende le nevriere
colme e abbaglianti
aprono la luce dentro la mia tenda e sul valico

nel mio cuore profondo
il mio amore suona


                                                                          due  

 
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