andrò dalla vecchia consegnandole il mio tempo in una ciotola di argilla al mio fianco il fiume scende con dentro la montagna liquefatta cercheranno la mia essenza acustica e la migrazione della mia rondine interiore zero
Mi cercano nel paesaggio. Io sono uscita morta diffusa: creo la quiete tra le tempie mentre pellegrino scalza nell’ombelico madre. Chiedono se la mia voce esiste o canta il linguaggio dei pesci dove sono in che cosa si è trasformata la radice dell’io. Da animale a vegetale a minerale in pane. La foresta bianco rosa dei ciliegi sulle sponde del fiume improvvisamente si è mossa: l’odore e i petali della brezza si staccano all’unisono vibrando una leggerissima intima bufera. uno
tra i tanti fili del mio tappeto uno è il rosso che lo rende volatile questa notte la luna accende le nevriere colme e abbaglianti aprono la luce dentro la mia tenda e sul valico nel mio cuore profondo il mio amore suona due
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