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LEGGERE UNA CITTA': PARIGI - TESTO DI TERESA MARINIELLO

 

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Leggere una città. Parigi


La “ville lumière” è capitale troppo complessa, dal punto di vista urbanistico, culturale, paesaggistico ecc. per poter essere trattata in queste righe. Del resto il suo fascino non è nella creazione dei famosi Boulevards creati da Haussmann  durante il regno di Napoleone III o nel centro antico dell’Ile de la Citè circondato dalla Senna, oppure nelle passeggiate nei magnifici giardini e quartieri, ma è nel suo essere da sempre in movimento e in trasformazione.
Per movimento intendo quello tipico di una grande capitale cosmopolita,  per trasformazione quella capacità, anche dissacratoria, di accogliere il moderno coniugandolo con l’antico che è nella tradizione culturale di Parigi ; risale agli anni Cinquanta la pianificazione di una città d’affari La Dèfense che reggesse il confronto con le altre capitali europee, agli anni Settanta il discusso e innovativo Centre Pompidou , ma ancora: durante il governo di G. d’ Estaing la stazione d’ Orsay diventa un museo e i mattatoi di Villette un museo delle Scienze. Al presidente Mitterand si deve il Grand Louvre, addirittura con incarico diretto a un architetto, ma anche l’Istituto del Mondo Arabo, la Città della Musica, l’Opèra del quartiere della Bastiglia, l’ Arche de la Dèfense; infine la presidenza di Chirac lascia come segno forte il Museo del Quai Branly.

Quest’ultimo è costruito intorno a una collezione di opere di continenti lontani, con chiare allusioni al mondo della foresta, del fiume, del bosco; con un percorso volutamente labirintico, dalle forme morbide e dai colori della terra si ha l’impressione di stare in uno spazio arcaico, popolato da spiriti ancestrali. Non è tuttavia una regressione quella voluta dall’arch.  J. Nouvel, ma una interpretazione dello spazio per la natura particolare delle opere: maschere, simboli archetipi, statue della fertilità.
La facciata dell’edificio è risolta con ampie vetrate e con un “muro vegetale” che sottolinea ancora di più il carattere di edificio nel bosco. Quasi un riparo.

Di diversa impostazione è l’ Istituto del Mondo Arabo sempre dello stesso architetto. L’edificio si presenta come un luogo culturale polivalente, ospitando tra l’altro un museo dell’arte e della civiltà araba dall’ottavo secolo a oggi; ha come cuore un patio quadrato illuminato da riverberi e con una tipologia tipica della casa a corte araba. Ma il rimando maggiore a tale cultura è nella facciata sud dove una serie di diaframmi simili a quelli delle macchine fotografiche reinterpretano motivi moreschi, consentendo una illuminazione controllata da cellule fotoelettriche e regolata da un sistema computerizzato.

Più che questi due edifici, importanti nel panorama urbano, va ricordato come impatto forte sulla città, l’ampliamento del Museo del Louvre ricavato, dall’arch. cino-americano Pei, essenzialmente nel sottosuolo. La Corte Napoleonica è diventata la piazza d’ingresso alle cripte sotterranee, illuminate dalla ormai famosa Piramide, che con le sue superfici brillanti e lucide di vetro e acciaio ben si contrappone agli stucchi e alla pietra del monumentale palazzo francese.
Lo spazio della piazza è inoltre arricchito da fontane, specchi d’acqua e da altre tre piccole piramidi con funzione sia di lucernari sia di chiusura prospettica del cannocchiale visivo che unisce le Tuileries con il complesso del Grande Louvre.

E a proposito di assi prospettici vale la pena ora ricordare il Grande Arche de la Fraternitè nel quartiere della Dèfense, che si congiunge all’Arc de Triomphe, e attraverso gli Champs-Elysèes arriva sino al Louvre. L’edificio, progettato dall’arch. Otto von  Spreckelsen, ha forma di cubo con la parte centrale vuota, in cui sono inseriti il blocco ascensori e le “nuages”, un padiglione a copertura in fibra di vetro sorretta da una tensostruttura in acciaio. Simbolo di un coltivato senso della grandeur francese, l’enorme cubo, nella sua forma pura, si pone come oggetto scultoreo fuori scala nel pur imponente assetto urbanistico del quartiere.

Un altro manufatto volutamente fuori scala è il famoso Centre Pompidou, opera molto discussa nel secolo scorso e molto visitata tutt’oggi. L’impianto compositivo, essenziale e estremamente flessibile dal punto di vista distributivo, è atto ad accogliere opere anche di grandi dimensioni, essendo costituito da cinque piastre rettangolari sovrapposte completamente libere dalla struttura perimetrale. Il museo, al di là delle forti innovazioni tecnologiche, ha un’importanza particolare dal punto di vista urbano; il suo volume è posizionato in modo tale da generare una piazza che può diventare un secondo museo per gli artisti di strada, oppure e anche un luogo vero di incontri e scambi a ogni ora del giorno. La scala mobile trasparente sottolinea questo dialogo tra esterno e interno, arrampicandosi sul fianco dell’edificio per arrivare in alto a guardare i tetti delle case e il quartiere intorno, con visuali diverse e sempre più ampie quando si giunge sulle terrazze belvedere tanto da abbracciare la città. Gli arch. Piano e Rogers,  con questo edificio, hanno fatto propria quell’idea di “città verticale” espressa e realizzata da Eiffel nella famosa Tour alla fine dell’800; capolavoro di ingegneria con le sue putrelle metalliche intrecciate, opera anch’essa fortemente criticata, con la sua leggerezza, con il suo segno avveniristico, è diventata il simbolo e la vedetta della “ville lumière”.

 Teresa Mariniello

 


 

 

 

 

 
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